domenica 20 novembre 2011

"A chi vuoi più bene?"

Detestavo questa domanda che spesso, da bambina, gli adulti mi rivolgevano.
"A chi vuoi più bene? Alla mamma o al papà? Al nonno o alla nonna? Alla nonna paterna o alla nonna materna?" e via dicendo.
Mi imbarazzava dire la verità, anche perché i bambini della mia generazione non erano spudorati e impertinenti come i bambini dei nostri giorni. Così mentivo, con qualche senso di colpa e cercando di ferire il meno possibile le persone cui volevo bene.
Perché, a mio avviso, l'affetto non è misurabile.
Semmai è diverso.
Posso amare (nel significato più ampio possibile della parola amore, il "love" degli anglosassoni, per intenderci) contemporaneamente mio marito e mio fratello, il mio migliore amico, la mia migliore amica, i miei genitori e i miei studenti, i miei amici e la mia Inter, anche se diverso sarà il modo in cui tale sentimento si esprimerà.
Il nostro piccolo grande cuore riesce ad abbracciare contemporaneamente affetti e passioni diverse, contenendole tutte, senza dover necessariamente e ipocritamente scegliere, se non in casi eccezionali. L'esclusività cui alcuni aspirano, il "scegli loro o me", è, a mio avviso, il tentativo di tarpare le ali a chi potrebbe volare ma magari non osa farlo continuando a vivere nella menzogna e soffocando le sue emozioni, temendo di ferire l'altro.
Invece, ciò cui ciascuno di noi dovrebbe aspirare, pretendere e riconoscere a sé e agli altri è la libertà. Nessuno ci vuol meno bene se, oltre a noi, vuol bene anche ad altri.
P.S.: Rileggendo il post, mi è sembrato che il contenuto possa essere inteso come una rivendicazione dell'adulterio. Non è così. Qui si parla di diversi tipi di amore, non di amori intesi a sostituire o a riempire vuoti affettivi (come può accadere nei casi di relazioni adulterine).

(Già pubblicato il 9 ottobre 2011 su altra piattaforma)

L'infedele

Scoprii per caso di essere infedele, un giovedì sera della primavera dell'83.
Le colleghe di università con cui dividevo l'appartamento erano tutte uscite ed io ero rimasta sola in casa.
Avevo studiato fino all'ora di cena e poi mi ero sistemata sul divano, un panino da gustare, l'immancabile saggio di psicologia da leggere o solo sfogliare, penna e foglietto al mio fianco.
Ero pronta per il test.
Era infatti quello il periodo in cui, dal 31 marzo, ogni giovedì sera Raiuno trasmetteva "Test - Gioco per conoscersi", un programma condotto da Emilio Fede che, affrontando ogni settimana un tema monografico, punteggiato da un sondaggio della Doxa, sottoponeva a venti coppie di concorrenti in studio (più una coppia di concorrenti famosi) una serie di domande, elaborate da uno psicologo, il professor Enzo Spaltro, domande volte a far emergere, alla fine della puntata, i profili delle diverse personalità. Anche il pubblico a casa veniva invitato a munirsi di "carta, penna e calamaio" per sottoporsi ai giochi psicologici.
Ed io, quella sera, come quasi ogni giovedì sera da quando era iniziata quella trasmissione, ero pronta a sottopormi al test, pressoché certa di quello che sarebbe emerso della mia personalità. Era un momento in cui mi sembrava di aver imparato a conoscermi quasi completamente.
Mi sbagliavo però, c'era qualcosa di me che ancora non conoscevo e che avrei appreso alla fine di quella serata.
Il tema della puntata era "la fedeltà".
Integralista come ero ed ero sempre stata (lo sono tuttora) ero convinta che sarebbe emerso il mio profilo di persona fedele, anzi fedelissima.
Quasi non riuscivo a credere, quindi, alla fine della puntata, di essere risultata un'INFEDELE!!!
Com'era possibile? Io infedele? Io, l'integralista tutta d'un pezzo, rigorosa, pedante, passionale sicuramente e appassionata ma intransigente, come potevo essere risultata così?
Cercavo di capire, di capirmi, analizzando fatti e ripercorrendo con la memoria le relazioni amicali e amorose che fino a quel momento (avevo 21 anni) avevano caratterizzato la mia esistenza.
Mai avevo tradito un uomo (semmai mi avevano, anche abbondantemente, tradito); mai mi sembrava di aver tradito le amiche, gli amici.
Continuai a rimuginarci su anche nei giorni successivi e ancora per qualche tempo e poi capii che sì, in fondo il test aveva ragione: io ero e sono un'infedele, nel senso che resto fedele ad un amico, a un'amica, a un uomo, a una passione, a un'idea, finché la ritengo valida. Mi riservo però la possibilità di cambiare opinione e se cambio opinione non resto abbarbicata a quella persona, a quella idea, in nome di una coerenza o di una fedeltà che quella persona, quella idea non meritano più.
Io credo che ciascuno di noi abbia il diritto di cambiare, cambiare anche le proprie posizioni, le proprie idee. Non si tratta di essere banderuole, come avrebbe detto la mia insegnante di lettere del liceo, ma persone che non restano a tutti i costi, e costi quel che costi, fermi sulle proprie idee in nome dell'integrità morale.
Cambiare e rendersi conto di essere cambiati è anche un segno della propria crescita.
Ecco perchè, da quando ho preso coscienza di questo, non mi dispiace ammettere di essere infedele.

(Già pubblicato in data 8 novembre 2011 su altra piattaforma)

mercoledì 16 novembre 2011

facce da profe

Incontro Giovanna, una ex collega, al supermercato. Non ci vedevamo da quasi cinque anni. Ci incrociamo, ci osserviamo a lungo, poi la chiamo e anche lei pronuncia il mio nome. Baci, abbracci e quattro chiacchiere veloci mentre mio marito, resosi conto di avermi perso, mi aspetta in disparte col carrello. Prima di salutare Giovanna, mi ricordo dell'uomo in disparte e faccio le presentazioni (sono distratta per natura e sulle formalità sono davvero una frana!).

Lasciata Giovanna, continuamo la nostra spesa. "E' una mia collega di matematica di un po' di anni fa".

"Non importa la materia" - risponde mio marito - "Qualunque materia insegnino, le tue colleghe che io conosco hanno tutte la faccia da profe".

Io lo guardo, offesa. "Che significa?"

"Guardatevi" - risponde lui - "quelle della tua età ("la mia età! Sento che sto per esplodere!" ) sono tutte uguali: capello facile (nel senso che il taglio non richiede cure particolari: su questo ha ragione, è l'unica richiesta che faccio ogni volta alla mia parrucchiera: non importa che i capelli siano lunghi o corti, l'importante è che rispondano al requisito "un colpo di phon e via"), occhiali e sguardo indagatore (da profe, appunto)". E mi snocciola l'elenco dei nomi delle colleghe in questione. "Barbara no" aggiunge "ma penso che sia dovuto al fatto che è troppo giovane ("ancora questa storia dell'età!), vedrai che tra qualche anno si conformerà anche lei!".

E' da qualche giorno che questo episodio della "faccia da profe" mi ritorna in mente. Per carità, non che mi sia irritata davvero per le battute di mio marito, mi sono innamorata di lui proprio perchè mi fa tanto ridere (nel significato più nobile della frase).

Mi sa che è proprio vero che ho la faccia da profe (così come ce l'hanno le mie colleghe che frequento anche fuori dall'ambito scolastico).

E, a pensarci bene, in effetti me lo dicono spesso anche gli alunni (o lo scrivono sul tema, quello che assegno il primo giorno di scuola: "Prime impressioni sulla nuova insegnante di italiano e storia").

Ecco, ora ricordo: ne avevo anche discusso con loro, una volta. E ricordo anche che, in quella occasione, uno dei miei studenti più cari, poco studioso ma molto intelligente e arguto, aveva osservato:

"Va be', profe, ma che le importa? Meglio faccia da profe che faccia da ... (e qui lascio alla libera interpretazione del lettore)!"

(Già pubblicato il 31 luglio 2008 su altra piattaforma)

La panchina in cima al monte...

esiste davvero. E' uno dei luoghi più incantevoli in cui adoro trascorrere le vacanze. Posta in cima al Plan de Corones, a 2273 metri di altitudine, si affaccia su Riscone di Brunico.


L'ho scoperta alcuni anni fa, quando per la prima volta decisi di andare a seguire l'Inter in ritiro. Era appena arrivato Mancini ed erano tempi duri per l'Inter (molto di più di quanto non lo siano attualmente!).


Quel primo anno trascorsi buona parte dei miei pomeriggi seguendo gli allenamenti della mia Beneamata; successivamente però mi sono sempre più spesso dedicata all'esplorazione di quei luoghi incantevoli (non solo la Val Pusteria, ma anche le località circostanti) e attualmente, nonostante l'Inter abbia cambiato la sede del ritiro estivo, continuo a passare un periodo delle mie vacanze estive nei pressi di Brunico.


Ho scoperto che, nonostante sia nata in una località di mare, d'estate adoro trascorrere le mie vacanze sulle montagne altoatesine. Di quei luoghi mi piacciono i silenzi, la tranquillità, le persone che li frequentano (altrettanto tranquille), l'aria pura che libera la mente dai frastuoni quotidiani. E la pacatezza.


In quei luoghi posso riposarmi davvero e raccogliere le energie per affrontare l'inverno, gli impegni lavorativi, la scuola, gli studenti, le famiglie, i colleghi, il preside, la crisi economica e politica e sociale, le sconfitte, le vittorie e tutto ciò che quotidianamente mi esalta o mi affligge.


Si sta bene sulla mia adorata panchina in cima al monte.

(Già pubblicato su altra piattaforma)