Aveva il nome di un fiore. Mi colpi per la sua esuberanza, la sua vivacità,
la sua simpatia.
Io frequentavo il terzo liceo, lei si era appena iscritta al quarto ginnasio
ma fu impossibile non notarla. Cominciai a frequentarla, nonostante i cinque
anni che ci dividevano e che allora sembravano un'infinità, l'anno successivo,
quando io ero già all'università e lei aveva appena finito l'anno scolastico.
Mi presentò quella che sarebbe diventata, per qualche anno, una delle mie più
care amiche.
Con lei, con Rosa, eravamo sì amiche ma non così confidenti. Mi divertiva
tanto e mi sorprendeva il modo in cui riuscisse, nonostante gli affanni che la
vita le aveva riservato, ad essere sempre ottimista e sorridente.
La sua mamma era morta quando ella aveva solo otto anni e lei viveva con il
padre, il nonno, il fratello e un cagnolino bianco cui io, per la mia esagerata
ed incontrollabile paura dei cani, mi avvicinavo sempre con timore.
"Mi hai salvato la vita!" mi disse, riconoscente, il giorno in cui
io, istintivamente, le avevo afferrato, quasi strattonandola, il bavero del
cappotto per impedire che finisse sotto un'auto mentre attraversavamo la
strada.
Ma, evidentemente, il suo destino era quello di andarsene precocemente.
Scoprì di essere ammalata. Lottò con tutte le sue forze e continuò ad
affrontare la vita e la chemioterapia con lo stesso entusiasmo e lo stesso
ottimismo che aveva da ragazzina. Lo faceva per sè, per i suoi figli, per il
marito, per quanti le volevano bene.
Io non la frequentavo più da anni ma ricevevo sue notizie dalla mia migliore
amica. Fui felice quando quest'ultima mi disse che sì, le cure stavano avendo
effetto, Rosa era guarita.
Fu un'illusione. Nel novembre 2007 Rosa se n'è andata. Non aveva ancora
quarant'anni.
Per me rimane la ragazzina entusiasta e serena che mi guarda da una foto in
bianco e nero scattata e sviluppata dal nostro amico comune appassionato di
fotografia. Siamo sulla soglia di uno dei più importanti alberghi della
cittadina in cui vivevamo, al centro c'è Mike D'Antoni che all'epoca giocava
nella Billy di Milano e che quel pomeriggio avrebbe affrontato la squadra
locale di basket.
Rosa aveva preso sottobraccio con naturalezza D'Antoni, incuriosito e
disponibile. "Io voglio stare vicino a lui!" aveva immediatamente
preteso.
Intorno poi ci siamo tutti noi, il nostro piccolo gruppo di amici che per
qualche anno aveva attraversato insieme, tra sorrisi e tristezze, gli anni
difficili dell'adolescenza e della prima maturità.