domenica 11 novembre 2012

Il "lider maximo"

Non era uno solo, il "lider maximo".
Ce n'era almeno uno per ogni istituto superiore (a volte un paio, in competizione tra loro).
Le ragazzine del primo anno li adoravano e pendevano direttamente dalle loro labbra.
Loro ne approfittavano per la diffusione dei quotidiani e delle riviste legate solitamente al P.C.I. o alla sinistra extraparlamentare.
C'erano giovani adolescenti disposte a privarsi della merenda pur di trovare l'occasione per parlare con loro, con i leader, i capi di quella rivoluzione ancora in atto che presto sarebbe scemata e sopraffatta dal riflusso degli anni '80.
E quale occasione migliore per contattarli, solitamente prima o dopo le lezioni o durante l'intervallo, e chiedere loro di acquistare il quotidiano o le riviste di controinformazione?
C'erano anche quelle disposte a sacrificare altro, non solo la merenda.
E anche qui il "lider maximo" approfittava.
In barba al femminismo imperante dell'epoca (si era intorno alla metà degli anni Settanta), le dinamiche erano sempre le stesse. Le donne non più ritrose ma sfacciate. Gli uomini che prendevano ciò che c'era da prendere. Tutti liberati, più o meno.
Nella percezione generale, però, il "lider maximo" passava per "figo" (mi sia concesso il termine), mentre la ragazzina liberata passava per poco di buono (e qui non ho osato il termine, ma è comunque quello!)
(Già pubblicato sulla piattaforma Splinder il ‎26 ‎luglio ‎2010)

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