lunedì 26 dicembre 2011

"Primo tempo"

E' uno dei CD che ascolto più spesso. Di solito lo risento più volte, come sempre mi capita quando apprezzo un disco. Mio fratello sostiene che ricorda bene come, egli appena bambino ed io adolescente, lo sottoponessi all'ascolto ripetuto di album vari, di genere completamente diverso, che, suo malgrado, era costretto ad ascoltare per giorni e giorni, finchè io io non mi fossi decisa ad ascoltare altro.

"Quand'è così, diventa un vero e proprio tormento!" ha sostenuto recentemente, confortato in questo da mio marito che proprio non riesce a comprendere questa mia mania.

Pazienza! Vero è che, da quando l'ho acquistato, l'estate scorsa (perché io, i CD li acquisto e non li scarico da Internet) non passa settimana in cui, almeno per due giorni e per tre/quattro ore, non ascolti "Primo tempo" di Ligabue.

Ogni canzone dell'album mi ricorda qualcosa o qualcuno, è una sorta di sintesi dei miei ultimi diciotto anni, cui la musica di Ligabue fa da colonna sonora, a cominciare da "Niente paura" e "Buonanotte all'Italia", la prima e l'ultima canzone dell'album, che esprimono lo stesso stato d'animo, la stessa inquietudine, lo stesso disagio che provo per ciò che mi circonda.

Ma i ricordi scattano con "Balliamo sul mondo", contenuta in "Ligabue" del 1990, con cui scoprii, grazie ad uno dei miei alunni, questo cantautore.

Ricordo bene che una mattina (era il 1992) quell'alunno si avvicinò alla cattedra, aprì lo zaino e ne estrasse il CD. "Lo ascolti" - mi disse - "sono sicuro che le piacerà."

Non si sbagliava, quell'alunno, con cui, insieme ai suoi compagni, avevamo avuto modo di occuparci di poesia, narrativa, ma anche di canzoni e problematiche sociali.

Mi era stata presentata come una classe difficile, quella classe. Ed invece la vidi sbocciare come un fiore, sotto i miei occhi.

Era una classe II professionale di soli maschi, popolata da ripetenti. L'età degli studenti andava dai 15 ai 20 anni. Impararono ad accettarsi e a rispettarsi vicendevolmente e, soprattutto, a stare bene insieme. Diventarono curiosi e desiderosi di apprendere e capire.

Il ricordo più bello che ho, di quella classe, e che mi emoziona e commuove ancora, è legato alla mattina in cui, entrata in classe, essi, guidati dal loro leader (un ripetente di 20 anni che proveniva dal liceo scientifico) si alzarono tutti in piedi, salirono sui propri banchi e, evocando una delle sequenze finali del film "L'attimo fuggente" che era stato trasmesso in televisione qualche sera prima, dissero: "Capitàno, mio capitàno!"

(Già pubblicato su altra piattaforma il 20 marzo 2009)

mercoledì 14 dicembre 2011

Amori difficili

"Forse passerà [...] una mattina, a salutare. Solo a salutare, niente di importante. Non servirebbe a niente comunque, perché lei lo sa benissimo, lo sa bene quanto lui che è l'amore, imperfetto e disordinato, a tenerli separati, proprio mentre in qualche modo li unisce [...]."

La citazione, tratta dal romanzo "Gente senza storia" di Judith Guest (Traduzione di Masolino d'Amico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1977, pg. 277), si riferisce alle difficoltà relazionali tra una madre e un figlio coivolti in una tragedia familiare, ovvero la morte del figlio primogenito, amatissimo dalla madre e modello di riferimento per il fratello. Evidenzia la necessità, in alcuni casi, di rimanere lontani, anche se ci si vuole bene, perché restando vicini si soffrirebbe troppo.

E' una situazione che può riguardare non solo le relazioni tra madri e figli, ma tutte le tipologie di relazione, comprese quelle amicali.

L'amore verso gli altri non è sempre lineare, chiaro, perfetto.

A volte è complicato, doloroso, difficile. Al punto da richiedere una separazione, per evitare di continuare a farsi del male.

(Già pubblicato su altra piattaforma il 26 gennaio 2010)


lunedì 12 dicembre 2011

a caccia di un uomo... purché respiri...

Mi diverte osservare il mondo. Mi diverte osservare le persone, le loro manie, i loro comportamenti. Anch'io mi osservo. E mi prendo in giro. L'ironia e l'autoironia sono, a mio avviso, due preziosissime doti che non rendono la vita migliore ma aiutano a viverla meglio.
Osservando, mi imbatto spesso in donne alla caccia di un uomo. I tempi, nel nostro paese, sono cambiati, quarant'anni fa pochissime donne (pur ugualmente alla caccia) avrebbero avuto il coraggio di essere sfrontate come lo sono adesso le cacciatrici. Ma i modi, secondo me, sono rimasti pressoché gli stessi.
Innanzitutto i comportamenti: tali donne, in presenza di un papabile, ammutoliscono o cominciano a ridere o parlare animatamente: enfatizzano il loro modo di essere, nel tentativo di attirare l'attenzione su di sé.
Sbirciano poi (se hanno circa trent'anni ma anche qualche anno di meno) l'anulare del papabile, alla ricerca di informazioni sul suo stato anagrafico. Ma care signore, ve lo devo dire io che gli uomini che decidono di diventare prede, anche se occupati si sfilano la fede non appena fuori dalla porta di casa per risistemarla al rientro? E ve lo devo dire io che ci sono donne (io) che, dopo attenta osservazione degli uomini, si sposano solo alla condizione di non avere al dito la fede (è una convenzione come un'altra, e io detesto le convenzioni!) Pertanto mio marito, ad esempio, va in giro libero senza fede ma è occupato (almeno credo!).
La verità è che un uomo (o una donna) la si conquista rimanendo sé stessi e, soprattutto lasciandogli (/le) la libertà di stare con noi: senza inganni, senza sotterfugi, avendo il coraggio di dirsi ciò che siamo realmente anche se non ci piacciamo. Soprattutto è importante in primo luogo che ciascuno di noi capisca chi è e si accetti per quello che è: altrimenti, come si può pensare che un altro possa farlo al posto nostro?

(Già pubblicato su altra piattaforma il 4 agosto 2008)

domenica 11 dicembre 2011

I diritti che procurano sicurezza

Li trovai, per caso, quasi trenta anni fa su una rivista o un suo allegato, non ricordo più. So però con certezza che li condivisi immediatamente e per alcuni anni li trascrissi sulla prima pagina delle mie agende, una sorta di diario personale che accompagnava le mie giornate durante il periodo della mia lunga adolescenza.

Mi hanno aiutato a superare momenti di crisi e di sofferenza. Ed hanno contribuito al mio processo di crescita facendomi diventare la persona che sono.

I DIRITTI CHE PROCURANO SICUREZZA

1) Hai il diritto di essere tu il giudice del tuo comportamento, dei tuoi pensieri, delle tue azioni, e di assumere la responsabilità per le iniziative che prendi e le conseguenze su te stesso.

2) Hai il diritto di non fornire ragioni o scuse per giustificare il tuo comportamento.

3) Hai il diritto di giudicare se è tuo il compito di trovare le soluzioni ai problemi degli altri.

4) Hai il diritto di cambiare le tue opinioni.

5) Hai il diritto di commettere errori e di esserne responsabile.

6) Hai il diritto di dire "Non lo so" o "Non capisco".

7) Hai il diritto di non essere giudicato dagli altri prima di entrare in relazione con loro.

8) Hai il diritto di essere irrazionale nel prendere decisioni che riguardano te stesso.

9) Hai il diritto di dire "Non me ne occupo".

10) Hai il diritto di dire "No" alle richieste degli altri, senza sentire ansia o disagio.

(Già pubblicato su altra piattaforma il 7 settembre 2008)

venerdì 9 dicembre 2011

Maternità e paternità responsabile

Maternità e paternità, tra gli esseri umani, non sono un mero fatto biologico: genitori si diventa e diventarlo implica una forte assunzione di responsabilità.
Bisognerebbe dirlo a tutti i genitori, a quelli che si apprestano a diventarlo, a quelli che lo sono già, magari da vari anni, magari di più figli.
Essere genitore significa accettare, prendersi cura, e, soprattutto, educare i propri figli, fin dal primo vagito.
Credere che un bambino sia troppo piccolo per imporgli delle regole, aspettando il momento giusto, significa andare incontro a difficoltà nel riuscire poi ad imporre la propria autorevolezza.
Un bambino impara (o dovrebbe imparare) in famiglia che esistono luoghi e persone da rispettare, che lui non è al centro del mondo (anche se è convinto di esserlo), che non è un principe e i suoi genitori non sono la sua corte.
Trovo triste e deprecabile vedere bimbi di tre/quattro anni che, per strada, pretendono di vedere immediatamente assecondati i loro capricci, urlando e volendo averla sempre vinta.
Molti genitori acconsentono, a volte per stanchezza, a volte perché pensano che c'è tempo per insegnare ai loro pargoli come si sta al mondo. Sbagliano. Forse si ritroveranno a gestire adolescenti riottosi e maleducati, ingestibili e, peggio ancora, già dediti ad abitudini nocive e rischiose per sé e per gli altri.
Educare è un impegno gravoso che deve essere assunto con grande consapevolezza. Non è come comprare "Cicciobello" nel negozio di giocattoli ed accantonarlo in uno stanzino quando non si ha più voglia di giocarci.
Illudersi che tutto rimanga come prima, che ci si possa permettere uscite o frequentazioni non adatte ai ritmi dei più piccoli, è una delle tante utopie di cui ci si è alimentati negli ultimi anni.
(Già pubblicato su altra piattaforma il 15 ottobre 2011)

giovedì 8 dicembre 2011

Perdersi

Non so perché sia capitato, però ho perso due delle amiche cui, nell'adolescenza, tenevo di più.
Con la prima è successo, dopo alcuni anni di amicizia intensa, dopo una telefonata in cui lei mi accusava di averla tradita, di aver rivelato ciò che mai avrei dovuto rivelare a nessuno.
Con la seconda è successo dopo una settimana di convivenza forzata in cui entrambe scoprivamo, giorno dopo giorno, che più nulla era rimasto della vecchia amicizia: io non riconoscevo più lei e lei non riconosceva più me. Cos'era cambiato? Eravamo cresciute e ciò ci aveva reso diverse l'una dall'altra.
Così, ciò che un tempo ci aveva unito, improvvisamente scoprivamo che non esisteva più.
Passammo gli ultimi giorni insieme nell'attesa che tutto finisse, che arrivasse il momento in cui sarebbe partita.
Mentre il treno si allontanava tirai un sospiro di sollievo al pensiero che fosse partita: mai la partenza di una persona mi era stata tanto gradita.