domenica 8 gennaio 2012

scelte

Arrivò il momento di dover scegliere. Era un'ottima opportunità: una borsa di studio conferita da un'università svizzera, la possibilità di effettuare l'attività di ricerca che avevo sempre sognato di svolgere.
"Dimentica mariti e passeggini e potrai lavorare con me!" mi disse, fuori dai denti, la docente del corso di pedagogia, relatrice della mia tesi di laurea.
Avevo 24 anni e tutta la vita davanti. Non mi importava scordarmi dei passeggini, cui non avevo mai pensato, nemmeno quando, da bambina, giocavo con le bambole che, di volta in volta, immaginavo essere miei nipoti, miei alunni, ma MAI miei figli.
Il problema, però, è che avevo appena incontrato quello che mi sembrava (e non mi ero sbagliata) essere l'uomo della mia vita. Non avevo voglia di abbandonare la ricerca universitaria ma, nello stesso modo, non avevo voglia di rinunciare ad una storia d'amore che poteva essere "la storia d'amore".
Trovai un compromesso, cercando di operare una scelta che mi permettesse di poter fare ciò che avevo comunque a cuore: iniziai a collaborare con un'altra docente presso la mia università e successivamente mi inserii nelle graduatorie di supplenza di una provincia lombarda. Era aprile. Ad ottobre di quello stesso anno, era il 1988, partii per la mia prima supplenza. Addio carriera universitaria, diventai un'insegnante precaria di lettere.
Insegnare mi piacque, anche se in precedenza non avrei voluto fare l'insegnante.
Attualmente ritengo che il mio mestiere sia il più affascinante dei mestieri. E non ho sbagliato quando ho rinunciato a una borsa di studio per un amore. Per il mio amore.
Ciò che mi infastidisce, tuttavia, quando ripenso a questa storia, è che, probabilmente, se fossi stata un uomo, nessuno mi avrebbe chiesto di scegliere tra carriera e famiglia.
Finché sarà così, non esisterà una vera parità tra uomini e donne.

(Già pubblicato su altra piattaforma il 13 settembre 2008)

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