"Fuori dall'Europa ci siamo già" ho continuato a pensare durante i giorni trascorsi recentemente a Roma.
Roma è la città che da giovane adoravo, in cui avrei voluto studiare, lavorare e vivere. Per qualche tempo, una ventina d'anni fa, l'ho anche fatto. E già allora, confrontati i tempi biblici di spostamento da un punto all'altro della città, convenni che era adatta ai turisti, alle persone di spettacolo, forse anche ai politici ma non sicuramente a chi, quotidianamente, doveva tirare avanti la carretta come un comune mortale.
Ancora meno adatta mi è parsa la Capitale durante l'ultimo recente soggiorno.
Sporchissima, anche nelle vie del centro (non parliamo delle periferiche!); incapace di sostenere il flusso dei turisti da cui è invasa; un cantiere a cielo aperto, dal Colosseo a Fontana di Trevi passando per via dei Fori Imperiali, il Vittoriano, la Barcaccia di Piazza di Spagna.
Muoversi con un trolley sembra un'impresa su marciapiedi ostruiti da auto e privi di scivoli, altrimenti occupati dalle auto parcheggiate, in barba a tutte le norme contro le barriere architettoniche.
Le bellezze di Roma le ho apprezzate solo grazie agli affetti che in quella città mi restano. Grazie a loro ho riscoperto il piacere di rivedersi a distanza, più o meno lunga, di tempo.
Ho scoperto un quartiere, la Garbatella, di cui mi sono immediatamente innamorata.
Ho visitato una mostra, "Pasolini Roma" che mi ha letteralmente incantato.
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