mercoledì 31 ottobre 2012

Le ragioni del cuore

"Se ne farà una ragione", gli aveva risposto, quando lui le aveva parlato di Marco, della sua sofferenza, della sua difficoltà ad accettare la loro separazione.
Marco era un suo collega e il suo migliore amico, gli dispiaceva non riuscire a far nulla per lui. E forse proprio per questo, quando l'aveva incontrata, le aveva parlato di lui.
Ora, di fronte a quella risposta, di fronte a quel "Se ne farà una ragione", era ammutolito e imbarazzato.
Ricordava di averli visti felici insieme, una coppia solida e complice che suscitava l'ammirazione (e a volte anche un po' di invidia) degli altri. E poi...
E poi tutto era finito. Senza nessun segnale. Improvvisamente. Come un uragano che aveva travolto la vita di coppia di Marco che, gli aveva raccontato, era convinto che lei era la donna della sua vita e con lei sarebbe rimasto per sempre. Gli aveva parlato di lei, dopo averla incontrata, proprio in questi termini: lei era la sua donna ideale, era una storia definitiva.
Ma in amore non esistono le definizioni. L'amore non si definisce. Ha bisogno di cure, quotidiane, costanti, continue. Altrimenti, come una pianta trascurata, muore.
Marco non aveva capito che quell'amore che credeva eterno si stava consumando nella noia quotidiana, nella certezza di una definizione. Aveva dato per scontato quell'amore.
Lei c'era, era lì per sempre. E, certo di questo, non aveva colto i segnali che lei, da un certo momento in poi, aveva cominciato a mandargli.
Usciva sempre più spesso, con un'amica. Con le amiche. Da sola. Comunque senza di lui.
A pensarci bene, a differenza del passato, non sembravano nemmeno più tanto solidi e complici.
Di quel periodo ricordava di averla incontrata qualche volta per caso. Da sola. O con qualche amica. Ricordava anche che, in un paio di quelle occasioni, lei si era lamentata dell'eccessivo carico di lavoro di Marco. "E' a casa, sta lavorando." oppure "Sai, lo vedi più tu di quanto non lo veda io."
Non aveva considerato quelle risposte fino a quando, una mattina di settembre, Marco era arrivato in ufficio in ritardo, scompigliato, trasandato, stravolto. "Mi ha lasciato." Gli aveva detto.
Erano passati cinque anni da allora. Quella coppia non esisteva più, almeno per l'anagrafe.
Tuttavia, nonostante fosse passato un po' di tempo, Marco non riusciva a farsene una ragione.
E come avrebbe potuto? Lui la amava. Di un amore definitivo. Che, una volta conquistato, non ha bisogno di cure. Lei c'era e ci sarebbe stata per sempre. Così aveva pensato lui, il giorno del loro matrimonio.
Tale era la sua convinzione. E questo, forse, gli aveva impedito di vedere negli occhi di lei un'ombra, quell'ombra che, a poco a poco, era diventato grigiore e noia.
Quella stessa convinzione gli aveva impedito di ascoltare i pianti notturni di lei, pianti soffocati per non farsi sentire da lui che, sereno come un angioletto, dormiva al suo fianco.
Era stato difficile per lei prendere atto di quanto stava accadendo. Ma i segnali c'erano. Tutti.
Non riusciva più a vedere negli occhi di Marco quelli del ragazzo che l'aveva incantata al primo sguardo, che l'aveva conquistata con la sua intelligenza e la sua creatività, che l'aveva fatta piangere di gioia e di timore che altre lo seducessero e glielo portassero via, che l'aveva avvolta magicamente e le aveva fatto credere di essere la più fortunata e la più felice di tutte le donne.
Lui la amava ancora. Era quello il suo modo di amare.  Ma lei non lo amava più. Aveva cercato di parlargliene ma lui non era stato capace di ascoltarla.
E quando, dopo aver meditato a lungo, aveva preso la sua decisione, una decisione irrevocabile, gliela aveva comunicata.
Era andata via.
"Se ne farà una ragione", aveva pensato.
Trascurando che, come aveva imparato leggendo "I pensieri" di Pascal, "il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce".

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